Data

29 maggio 2019

Molte imprese del settore moda e non solo hanno iniziato a strizzare l’occhio al tema della Sostenibilità attraverso strategie atte a migliorare la situazione attuale. Il mercato avrà recepito l’importanza del tema?

Grazie alle numerose analisi di mercato degli ultimi anni e alle varie campagne di sensibilizzazione, molte imprese del settore moda e non solo hanno iniziato a strizzare l’occhio al tema della Sostenibilità attraverso strategie atte a migliorare la situazione attuale, vittima di un sistema che si muove tra necessaria realtà e l’ennesimo trend del momento.
Il quesito che dobbiamo porci è quindi se il mercato abbia o meno recepito l’importanza del tema ed analizzato l’instabile equilibrio tra la convulsa crescita economica e l’urgenza del problema climatico e ambientale.

Secondo alcune indagini, grazie all’utilizzo di pratiche sostenibili, l’industria della moda potrebbe generare nei prossimi 10 anni un giro d’affari di circa 180 mld di USD, risultato raggiungibile soltanto attraverso il coinvolgimento di tutti, dai grandi gruppi fino ad arrivare alle piccole e medie imprese.
Con costi sempre più onerosi dell’energia e delle materie prime, interventi economici anacronistici e la mancata responsabilizzazione nei confronti del tema avrebbero un impatto negativo sulla marginalità delle aziende in oggetto. Un forte intervento mirato a migliorare le strategie produttive invece garantirebbe ad esempio un risparmio di circa 36 mld di USD agendo sull’eccessivo utilizzo di acqua e di 4,5 mld attraverso l’incremento di iniziative di riciclo1.

Di fronte a tali riflessioni è indispensabile esaminare la conversione commerciale dei prodotti green e capire se il ventaglio d’utenza può includere i consumatori della moda low cost o se, a causa dei prezzi elevati, il tutto sia ad esclusivo appannaggio del settore Luxury.
Partendo dal concetto di Economia Circolare, la moda in sé rappresenta una sorta di contraddizione del termine. Molto spesso infatti, per i grandi gruppi del fast fashion, non si parla di capi da sostituire in quanto usurati, ma soprattutto “fuori moda”. In questo caso la circolarità diviene una parola di facciata, inutile alla risoluzione dell’eccessivo consumo di risorse.
Verificata l’esistenza di eventuali soluzioni in grado di intervenire nella problematica quali ad esempio l’utilizzo di fibre naturali o il recupero degli scarti, a livello commerciale è però possibile sostenere che il prodotto sostenibile diventa oggetto di lusso: un target di mercato per quei consumatori con un particolare potere d’acquisto che vogliono identificarsi in uno specifico status sociale e che in un capo ricercano l’alta qualità, la durata e quel valore aggiunto che lo rende esclusivo.

Lusso e sostenibilità possono quindi convergere, un prodotto che dura più a lungo risulta sostenibile e tale visione può far sì che le imprese intervengano sui propri processi produttivi, andando a modificare gli standard del proprio core business, offrendo nel contempo un concetto ecofriendly al consumatore. Nel comparto Retail, non sono però ravvisabili particolari risultati in merito all’importanza dell’argomento se non un timido interesse che non rappresenta sicuramente una cura, ma una tenue terapia. Troppo spesso infatti gli aspetti qualitativi legati al valore intrinseco nella sostenibilità ancora vengono meno rispetto a quelli quantitativi di vendita.

In un’ottica futura sarà necessario intervenire maggiormente su quanto detto così da allinearsi a quelle che sono le richieste del mercato: secondo un sondaggio condotto nel 2018, il 64% dei consumatori italiani non sono disposti ad acquistare prodotti la cui produzione è avversa alla Green Economy e per il 72% i brand dovrebbero garantire che la loro produzione e distribuzione avvenga in modo sostenibile, assicurando inoltre condizioni etiche soddisfacenti per i propri dipendenti (58%)2.

 

1 Report “Pulse of the Fashion industry”, Global Fashion Agenda e The Boston Consulting Group
2 Sondaggio effettuato da Ipsos Mori per conto di Changing Markets Foundation e Clean Clothes Campaign, 2018

 

Di Andrea Nardi, Fashion Program Coordinator IED Firenze

 

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