Oro al Festival di Cannes targato IED!

Data

10 luglio 2012

Alla 59° edizione del Festival Internazionale della creatività, la giuria della Young Competition presieduta da Khai Meng Tham ha assegnato la vittoria nella categoria FILM all’Italia e in particolare alla coppia creativa formata da Livio Basoli e Lorenzo Picchiotti, copy e art director in M&C Saatchi.

Ex studente IED, Livio Basoli ha frequentato il Master in Pubblicità: art direction and copywriting a seguito del quale ha svolto uno stage in Cayenne e cominciato poi una collaborazione. Nel maggio 2011 è approdato in M&C Saatchi. A lui chiediamo di raccontarci l’esperienza al Festival della Creatività di Cannes.

Innanzitutto congratulazioni per il tuo-vostro successo! Ci racconti in poche righe il concept del progetto e come sono state le due giornate di lavoro per realizzazione dello spot?

Il brief che ci era arrivato era su Movember, un movimento a scopo di beneficienza nato in Australia nel 2004 che si è diffuso negli anni in tutto il mondo. Chi aderisce a Movember si impegna a farsi crescere i baffi (e solo i baffi) per tutto il mese di Novembre con l'obiettivo di aumentare sensibilità e generare conversazione su temi che riguardano la salute degli uomini. L'idea dello spot nasce proprio dalle resistenze che di solito si possono avere nel farsi crescere i baffi, i luoghi comuni che vengono associati di solito ai baffi, e il tentativo di ribaltarli in positivo. Più che altro era per noi importante mantenere il tono scanzonato e leggero del cliente. Una volta che ci siamo trovati d'accordo su un'idea che piacesse a entrambi, ci siamo buttati nella produzione: prima abbiamo dovuto trovare tutti i costumi e gli oggetti che ci servivano per raccontare i personaggi, poi abbiamo fatto le riprese, e l'ultimo giorno abbiamo montato. Sono stati due giorni molto pieni e frenetici.

48 ore di tempo e un tema: come è arrivata l’idea creativa per svilupparlo?

Abbiamo buttato giù molte idee nelle prime ore ma i limiti che avevamo in termini di produzione, di tempo e di mezzi, hanno fatto da criterio di selezione. Alla fine abbiamo puntato su un’ idea semplice, che sapevamo di riuscire a realizzare, e che ci sembrasse giusta per il brand e divertente per chi guardava.

Voi siete non solo gli ideatori ma anche i protagonisti dello spot: perché questa scelta?

Ovviamente non avevamo a disposizione attori. Avremmo potuto chiedere ad alcuni amici che erano lì con noi, ma alla fine per rapidità e semplicità abbiamo preferito metterci noi davanti alla telecamera. Alla fine l'avevamo scritto noi e ci sembrava solo giusto metterci anche la faccia.

Sociale e commerciale: cosa ti trovi meglio a comunicare? E cosa è più facile comunicare in maniera efficace?

Di solito la comunicazione sociale ha come esigenza principale quella di colpire, quindi si muove in "confini creativi" più ampi dell'ambito commerciale. Ma c'è anche un risvolto "etico" che comporta dover stare più attenti a quello che si dice.

La comunicazione commerciale può essere più "incosciente", se vogliamo, ma al tempo stesso i clienti hanno molte più esigenze, paure e resistenze. Quindi bisogna essere bravi a trasformare i compromessi in qualità.

Non ho una preferenza per uno o l'altro ambito: l'ideale è alternare entrambi i lavori, e godersi i pro e i contro di ognuno.

Nel tuo lavoro, come nasce un’idea e come a questa dai forma?

Non c'è una formula o una regola di come nascono le idee. Si parla, si discute, si pensa, si tira la testa contro il muro. E, se si è fortunati e bravi le idee vengono. Dargli forma invece, se con questo si intende la produzione definitiva della comunicazione, è la cosa più difficile, perché è un processo lunghissimo in qui vengono coinvolte molte figure diverse, sia lato agenzie, che lato cliente, ed è come un percorso a ostacoli in cui l'idea rischia di affossarsi e di perdere valore.

Come ti sei avvicinato al mondo della pubblicità? E’ sempre stata una tua passione o il risultato di un percorso naturale?

Ho voluto fare almeno altri cinque lavori mentre studiavo. E alcuni li ho anche fatti. Un giorno mi sono reso conto che mi piacevano troppe cose e troppo diverse fra loro e che il mio lavoro ideale sarebbe stato qualcosa che le potesse mettere tutte insieme, per quanto possibile. Dopo due anni abbondanti di lavoro credo ancora che questo lavoro possa essere la pubblicità.

Allo IED hai frequentato il Master in Pubblicità: quali conoscenze e strumenti acquisiti durante il percorso di formazione sono stati più utili per la tua crescita professionale? Quali le esperienze progettuali più importanti e perché? Scuola-agenzia: com’è stato il passaggio?

Le cose più importanti sono state lavorare concretamente in coppia con i miei colleghi, abituarmi a fare brainstorming e confrontarmi con gli insegnanti. I momenti in cui la teoria si trasformava in pratica. Poi c'è da dire che, per quanto ci si possa impegnare in ambito accademico, non c'è nulla che possa concretamente preparare al lavoro vero. Però abituarsi a lavorare il più possibile sulle proprie idee, essere intransigenti e critici nei confronti di sé stessi prima che degli altri è una cosa che si impara fin da subito ed è, secondo me, una delle doti più rare in un creativo. Bisogna essere i primi nemici delle proprie idee, odiarle, fare di tutto per dimostrare che non funzionano: se resistono a quello, devono essere per forza buone.

Cosa consiglieresti ad un ventenne appassionato al mondo della pubblicità che vuole avvicinarsi a questo settore professionale

Di appassionarsi ad altre cose per almeno cinque anni e poi, se è ancora convinto, iscriversi a un master e iniziare a mettere da parte un portfolio. Penso che la morte della pubblicità sia quando è fatta da persone che pensano sempre e solo alla pubblicità. Le pubblicità migliori che vedo in giro, anche che abbiamo visto quest'anno a Cannes, sono sempre ispirate ad altri ambiti: cinema, musica, radio, eventi, turismo, teatro, scienza, documentari, fumetti. Vale tutto. 
Iniziare troppo presto a pensare alla pubblicità significa perdere la capacità di portare dentro il nostro lavoro, il resto del mondo che ci circonda.

Nel lavoro della coppia italiana, due amici sono seduti a un tavolo. Uno (Picchiotti) cerca di convincere l’altro (Basoli) a farsi crescere I baffi, proponendogli un ventaglio di personaggi a cui ispirarsi: dall’attore porno degli anni ’80 alla rockstar, fino a Clark Gable. Il concept passa quindi sull’ironia del trasformismo e sull’espressività dei volti per giungere all’headline che spiega il senso dell’operazione: “This November consider moustache. We’re sure it will grow on you”, per sottolineare che se per una “giusta” causa I baffi possono fare parte integrante di una persona che solitamente se li rade.

Felicissima e incredula la coppia italiana. “Un tema che ci ha appassionato da subito - hanno raccontato Basoli e Picchiotti -, ma anche così particolare che non è stato facile trovare un’idea originale. Dopo aver definito come sviluppare il brief, la cosa più difficile è stata andare a comprare i vari accessori in giro per Cannes, bandana, cappelli, parrucche e ovviamente baffi di tutte le taglie”. Molto soddisfatto anche Luca Scotto di Carlo, partner e direttore creativo di M&C Saatchi Italia che ha ribadito una verità che ci ha accompagnato sempre negli ultimi anni a Cannes e cioè che “i giovani non tradiscono mai”.

Valeria Zonca

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