Data

16 maggio 2016

Soluzioni ibride uniscono storia e progresso, mentre l'esperienza sensoriale e la luce si trasformano, mantenendo viva la tradizione e abbracciando la sostenibilità.

-Scusi, mi dà un gomitolo di PLA verde?

Risuonerebbero così, fra le striate pareti di un negozio di mattoni filanti, le parole di una massaia bergamasca, interessata a comprare un po’ di tecnologia per riparare il proprio mixer rottosi in preparazione del pranzo della domenica.

In questo caso, nel termine tecnologia sono racchiusi centinaia di oggetti, di applicazioni e migliaia di storie. Il modo migliore per collezionarli è trovare il posto giusto; cercatelo su internet o chiedete a Siri, cliccate “Apri in mappe” e venite al Fuorisalone di Milano.

In questo spazio ‘mutaforma’, indipendentemente dalla zona in cui vi rechiate, incontrerete molta tecnologia, basta solo saperla riconoscere. Cercandola non troverete però Giga di software o Tera di App, ma sviluppo e innovazione, cuciti da mani sapienti su storia e passione nel raccontarla, insomma tradizione.

Tecnologia e tradizione, come divinità del progresso, possono manifestarsi in maniera diversa, pur cibandosi sempre l’una dell’altra. La loro immortalità affonda le radici nel passato e nell’eredità, che da qui ci viene trasmessa. Immortalità che deve essere resa attuale, non essendolo per definizione. Da questo punto possiamo aprire il grosso e impolverato libro di cucina della nonna, spesso aperto per sfogliare il passato, e contestualizzare in un limbo temporale vecchie nozioni, artefatti di oggi e speranze future; la tradizione ci viene sempre in aiuto, forse perché conscia di essere attuale, curiosa di sposarsi con soluzioni tecniche sempre più affascinanti. Per questo motivo nel design troviamo sporchi e anacronistici concept perfettamente compatibili con le tendenze contemporanee.

Testimone della mutevole indole del Fuorisalone sono le attenzioni che i progettisti pongono come trasversali al mondo dell’arredamento, regalandoci scenari della mobilità in bianco e nero con cenni di energia contemporanea a muoverne i vecchi ingranaggi, nascondendo questa forza nelle rotondeggianti forme vintage.

Oppure, puntando la bussola al passato, possiamo risalire a ciò che ci accomunaagli animali, a ciò che da loro abbiamo sempre preso, per coltivare e per mangiare, e portarlo questa volta in casa trasformandolo in living ed esperienza, o in tavola per esclamare Oh sh’Eat!

Forse la cosa che la società sottovaluta di più, o che comprende meno, viene percepita confortevole, se privata del suo selvatico e primitivo odore. Anche per voi, puntigliosi e pretenziosi clienti, che prima di acquistare un pezzo di design lo annusate anche, non sprecate il vostro tempo, ma godetevi l’esperienza al massimo dei cinque sensi.

Attorno all’abitare e alla convivialità sfumano diverse abitudini e riti, una delle più antiche è la fiducia che l’uomo ha sempre posto nel fuoco e nella luce, come guida o strada suggerita.

Seppur mai compresa, la luce è sempre stata un punto di riferimento. Questa sua appartenenza al mondo dell’ignoto ha fatto sì che l’uomo si limitasse solamente a viverla passivamente assecondandola, sedendocisi attorno, al sicuro da pericoli terreni e non. Una volta compresa come insieme di particelle luminose, questo momento di convivialità si trasforma, l’incontrollabile falò muore e le improvvisate e casuali sedute si evolvono. La fiamma divina diventa reliquia materica sottoposta al gesto dell’uomo e al suo intelletto, fondendo il gesto dell’accendere una fiamma al potenziale sostenibile dei LED, che amplificano e addomesticano l’effetto termoelettrico Seebeck di Candela. Le lignee venature invece, perdono la loro casualità, concedendosi alla matematica precisione del controllo numerico.
C’è chi sul vecchio aggiunge layers di innovazione, chi invece la estrude direttamente per poi rifinirla a mano; illuminando l’abitare e decorandolo allo stesso tempo.

Authors

Guglielmo Urso, IED Student

Luciana Aguiar, IED Student

Mattia Rigoni, IED Student

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