Data

08 marzo 2019

Cosimo Lorenzo Pancini, Art Director, Type Designer e Docente IED, racconta l'evoluzione del design e l'importanza del "design positive". Nel corso di Typography and Calligraphy presso IED, Pancini condivide la sua idea creativa.

Artista visivo, Art Director e Type Designer, Cosimo Lorenzo Pancini è docente IED dal 2010, coordinatore del corso di Typography and Calligraphy e socio fondatore (insieme a Francesco Canovaro e Debora Manetti), dello studio Kmzero agenzia intermediale che ha realizzato progetti di immagine per clienti come Sky, Vogue, Wired, la Repubblica. In questa intervista racconta l’evoluzione del design e l’importanza che ha nel suo quotidiano.

Autore, con la sua foundry digitale Zetafonts, di caratteri tipografici diffusi in tutto il mondo, scaricati da oltre 15 milioni di utenti e utilizzati da clienti quali GoogleCoca Cola CompanyAT&T UsaTarget Australia, è stato uno degli ideatori della manifestazione Lucca Comics & Games, di cui dal 2005 è Art Director dell’immagine.

“Occuparsi di design è per me il modo migliore di coniugare le mie capacità artistiche e la mia naturale curiosità alla possibilità di fare qualcosa di utile agli altri. A volte - come nel caso del type design - diventa un’ossessione, ma al tempo stesso può essere incredibilmente divertente, se riesci a condividere le tue passioni con le persone giuste. Insomma il design, come ogni attività artistica, è insofferente all’essere considerato solo un lavoro, spesso risulta un modo per comunicare e dare senso al vivere comune.”

  • Come descrive e definisce il suo lavoro?

Darsi una definizione è una delle cose più difficili. Di solito mi definisco Art Director e Type Designer, ma questo non mi ha impedito di creare anche cortometraggi animati, installazioni interattive, scenografie teatrali, fumetti e illustrazioni. Credo di essere una persona fortunata: quello che faccio mi diverte e mi dà da vivere. Come dice James Victore: “Your work is a gift”, e per me è vero.

  • Quando ha capito che sarebbe diventato un designer?

Nel suo libro How to, Michael Bierut descrive il momento in cui, ragazzino, suo padre gli aveva mostrato il logo di un’azienda che produceva montacarichi, facendogli intuire come la L della parola “lift” fosse stata usata per sollevare la I, creando una metafora visiva. È il racconto di una piccola illuminazione sulla via di Damasco che penso sia avvenuta a tutti: la scoperta delle potenzialità della scrittura che diventa disegno.

Nel mio caso, il primo contatto col type design è avvenuto quando, a 10 anni, ho comprato un catalogo di trasferibili Letraset, che usavo per i titoli dei miei fumetti. Paginate e paginate di modi diversi di disegnare le lettere tra le quali mi perdevo a bocca aperta.

Come per molti designer, però, il percorso che mi ha portato al design non è certo stato lineare, ma tortuoso e pieno di dubbi. E, soprattutto, totalmente da autodidatta: tutto quello che so della mia professione l’ho imparato lavorando e soprattutto leggendo un’infinità di libri. Ora che mi trovo a insegnare sono spesso molto invidioso dei miei studenti... perché vedo che hanno la possibilità e gli strumenti a disposizione per imparare in poco tempo cose che a me sono costate invece tanta fatica ed errori sul campo!

  • Come è nato Kmzero?

Lo studio è nato dall’incontro di cinque persone che nel 2000 lavoravano all’agenzia Lcd di Firenze. Era un periodo pionieristico per la creatività digitale, un mix straordinario di sperimentazione, speranze per il futuro e ansie da millennium bug. Lcd è stato il mio primo incontro con un vero studio grafico contemporaneo, che pur lavorando per la realtà fiorentina manteneva una grande attenzione alla scena internazionale e alle ispirazioni del design d’avanguardia, che ai tempi era quello di matrice californiana, alla David Carson.

A Lcd ho incontrato altre persone che condividevano le mie idee sul graphic design come attività transmediale e pluridisciplinare e lavorando assieme abbiamo capito di voler fondare uno studio tutto nostro. Abbiamo affittato un appartamento in centro a Firenze e iniziato l’avventura di Kmzero. L’esperienza di Zetafonts è nata poco dopo, quando dopo un anno di lavoro molto remunerativo ma poco soddisfacente decidemmo di investire parte dei guadagni per una pubblicazione, un libro/rivista che intitolammo Ego[n]. Tra i tanti obiettivi che ci eravamo dati c’era quello di creare un carattere tipografico apposito per ognuno dei dodici albi del magazine: un’idea molto ambiziosa che ci ha permesso di realizzare una prima piccola collezione di caratteri. In seguito abbiamo cominciato a prendere l’abitudine di creare un nuovo carattere per ogni lavoro di branding, e visto il successo di download che riscuotevano su piattaforme come Dafont, Francesco ha proposto di aprire la nostra fonderia digitale per provare a commercializzarli: così è nata Zetafonts, che adesso ha oltre mille font pubblicati in un centinaio di famiglie, utilizzati da milioni di persone nel mondo.

  • Come vede e vive il mestiere del designer oggi? Quanto è cambiato negli anni?

È inutile sottolineare come la rivoluzione digitale alla fine del millennio scorso abbia innescato nella nostra professione un processo di cambiamento e di evoluzione del quale non vediamo ancora la fine. Io ho avuto la fortuna di vivere tutte le innovazioni, ma anche di essere stato l’ultimo a usare tutte le tecnologie tradizionali, e questo mi ha dotato della capacità di abbracciare le nuove tecnologie mantenendo al contempo un sano scetticismo. Continuo a usare la carta per gli sketch dei progetti, e cerco di non essere troppo dipendente dagli ultimi software. È importante ricordarsi che essere un graphic designer e saper usare la Creative Suite non sono la stessa cosa…

  • Ha un metodo per progettare o cambia in funzione del lavoro e del cliente?

Per anni sono stato un improvvisatore infaticabile, ultimamente privilegio la fase di ricerca. Soprattutto, mi sono reso conto che le soluzioni progettuali più importanti non si trovano da soli in studio, ma insieme al cliente, discutendo in modo costruttivo. Ecco perché ultimamente diamo molta importanza alle nostre presentazioni, che vogliono essere soprattutto uno strumento di brainstorming collettivo con il cliente. Quando in testa si è formata un’immagine del progetto abbastanza precisa, allora è il momento di accendere il computer e finalizzare il tutto.

Per molti anni siamo stati ossessionati dalla logica del “fare tante proposte”, che ci obbligava a muoverci a tutto campo e presentare idee che spesso non ci convincevano più di tanto… e che alla fine venivano regolarmente scelte dai clienti! Per evitare questa frustrazione, adesso nella prima fase cerchiamo sempre di lavorare in modo astratto sulle idee e sullo stile, definendo il mood e le ragioni di un progetto prima di procedere con le scelte estetiche. Se fai le valutazioni più importanti in modo astratto, poi sarà solo questione di decidere qual è la forma più piacevole, ma non rischierai di seguire idee progettuali sbagliate.

  • Come si mantiene sempre aggiornato?

Naturalmente su Internet, con siti vetrina come Behance o Pinterest, blog di coolhunting come It’s Nice That! o Fast Company ma soprattutto grazie a libri e riviste. La biblioteca in studio conta un migliaio di volumi, e continua a crescere… Inoltre, se possibile, cerco anche di partecipare a convegni, visitare mostre, espandere il più possibile il raggio delle mie conoscenze.

  • Cosa è fondamentale per un designer?

Risponderò citando uno dei miei designer preferiti, Jonathan Barnbrook, il cui discorso ai laureandi della classe 2015 alla Central Saint Martins University termina con un consiglio apparentemente incongruo: “Siate gentili”. Ecco, questa è una cosa molto bella e semplice, ma estremamente importante, perché il lavoro del designer o di qualsiasi altro artista commerciale implica il rapporto con gli altri: e quindi il modo in cui ci si relaziona con gli altri e le sue caratteristiche diventano una componente fondamentale per lavorare bene. E per noi questa cosa è veramente importante. Se sei un creativo, passerai un sacco di tempo nel tuo posto di lavoro: ed è la differenza del tuo atteggiamento che lo fa essere uno studio o un mero ufficio. E per noi di Kmzero e Zetafonts, questo vuol dire che in generale non crediamo in un atteggiamento aggressivo nel business e che nei rapporti cerchiamo di mettere sempre al centro le idee e il dialogo. È quello che chiamiamo “design positive”, e nasce dall’idea che il lavoro del graphic designer non avviene mai ‒ come talvolta si crede da giovani ‒ “contro” il cliente, ma sempre assieme a lui. E anche se quasi mai gli amici sono buoni clienti, i migliori clienti sono quelli con i quali si ha il rapporto più amichevole.

L’esperienza dell’insegnamento ha sempre fatto parte della mia vita: ho insegnato fumetto per quasi 20 anni, grafica per oltre 10. Quando ho cominciato a impegnarmi molto nel campo del type design ho pensato che mi sarebbe piaciuto conoscere altre persone con questa passione. Spesso insegnare è anche un modo per imparare: racconti qualcosa, capisci meglio le tue motivazioni e il tuo metodo, e incontri persone appassionate che ti danno qualcosa in cambio. Il corso di Typography and Calligraphy  è nato in un momento in cui c’è grande interesse per la calligrafia e la tipografia, come si può capire dagli innumerevoli libri o profili Instagram sull’argomento. Siamo all’inizio, ma è un progetto che merita di crescere, perché sta già creando una piccola comunità di persone interessate alla cultura del type design.

Autrice: Dominique Barbieri

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