Data

29 ottobre 2015

La chiave per il successo delle aziende italiane: l'importanza strategica del branding e l'opportunità di crescita del sistema Italia.

Pronunciamo spesso questa parola: branding. E con la stessa frequenza pensiamo solo a un re-design di carattere grafico dell’identità di un’azienda.

In realtà il branding è la forma più strategica del marketing, perché permette di avere una visione d’insieme, di definire strategie a medio e lungo termine e un percorso di crescita della marca. Dentro la sua accezione più estesa confluiscono molti valori che determinano il successo di un’impresa: la chiave di volta sta nel loro legame, nella capacità di coordinarli. Sta nella identificazione di un prodotto o servizio partendo dalle sue unicità, nell’allineamento della cultura aziendale e nella definizione dei principi cardine su cui deve basarsi la marca in termini emozionali e allo stesso tempo concreti.

“Gli imprenditori italiani hanno bisogno di fare branding, hanno di fronte un’opportunità con un costo di marketing sostenibile in grado di ridare slancio all’azienda, contribuendo anche al rilancio del sistema Italia”

Il branding ha un’estensione che va dall’indagine di un potenziale mercato, alla consapevolezza della natura di un bene dopo aver individuato i contenuti intrinsechi alla marca. Per passare poi alla creazione di un’identità, al packaging e all’immedesimazione in un pubblico di riferimento dialogando anche con il personale interno all’azienda, con gli opinion leader e con gli stakeholder. Il branding stabilisce quindi non solo le linee guida della brand communication, ma individua e concretizza il momento esatto in cui entriamo in contatto con la marca, con l’emozione di un messaggio insieme alla comunicazione e al design.

Oggi non c’è più bisogno di sentirsi imprenditori esterofili che accedono, in ritardo, all’onda lunga dei successi anglosassoni o made in Usa. Anche in Italia abbiamo tutte le carte in regola per fare branding e farlo con successo.”

Parliamo di una disciplina strategica che le aziende valorizzano sempre di più, perché è il motore del loro business e intraprendendo un percorso di sviluppo del brand è facile intuirne le sue potenzialità. Ma sfruttare solo alcuni elementi del branding in maniera tattica non è sufficiente. E oggi, molto più di vent’anni fa, manager e titolari d’impresa hanno la possibilità di non seguire la strada del pressapochismo imprenditoriale. Vale in particolar modo per le piccole e medie imprese, che possono accedere alla consulenza di professionisti con una formazione specifica, brand manager con un background culturale avanzato che non arrivano da generici corsi di business come accadeva in passato.

Oggi abbiamo la possibilità di crescere partendo dagli errori fatti in precedenza. L’attuale scenario italiano è, in parte, la conseguenza di scelte poco felici, esserne consapevoli è il punto di partenza. È però necessaria un’analisi oggettiva di quelli che sono gli asset su cui i brand posano le fondamenta, andando a identificare le unicità che possono far emergere la marca. Si tratta quindi di un’azione che ha bisogno di un incarico formale per sposare l’eccellenza degli imprenditori italiani. Potremmo citare Paolo Vitelli di Azimut Yachts, Renzo Rosso di Diesel e Nerio Alessandri di Technogym, ma l’elenco è molto lungo, soprattutto quello dei piccoli e medi imprenditori, la vera leva del nostro mercato, il fiore all’occhiello italiano. Questa generazione di imprenditori ha bisogno di fare branding, sfruttando un’opportunità che, con un costo di marketing sostenibile, è in grado di ridare slancio all’azienda e, di riflesso, rilanciare anche il sistema Italia. È un matrimonio che funziona, fidatevi.

La ricetta è semplice: creare un tavolo di lavoro allargato, integrando temporaneamente dei consulenti che lavorino a stretto contatto con lo staff di un’azienda. Fare ciò significa aprire le porte dell’imprenditoria a un knowledge e a una formazione del personale che poi consentono di sviluppare il proprio brand in autonomia. Quali sono i risultati? Primo: un innalzamento del valore culturale, con un aumento delle performance dello staff interno. Secondo: un valore economico, con una profitability crescente del marchio, che diventa sempre più competitivo e appetibile sul mercato.

Si può fare. E oggi non c’è più bisogno di sentirsi imprenditori esterofili che accedono, in ritardo, all’onda lunga dei successi anglosassoni o made in Usa. Anche in Italia abbiamo tutte le carte in regola per fare branding e farlo con successo.


BIOGRAFIA – Elena Sacco

Ha lavorato per più di 14 anni tra Milano, Parigi, Londra e Ginevra per importanti agenzie internazionali di branding e comunicazione (Publicis group,Young&Rubicam brands, Landor,Wunderman) firmando i progetti di branding a livello internazionale per aziende come P&G, Marazzi Group, Azimut Yachts, Jacuzzi, Barilla, Giorgio Armani, Natuzzi, Atkinsons,Wella tra gli altri; per questa ragione è stata soprannominata la regina del branding. Nel 2009 ha scelto di diventare consulente fondando la divisione marcomm consultancy di Studio Sacco a Milano.
Il lato più entusiasmante della sua vita lavorativa è sicuramente coordinare MASTERBRAND, il Master Internazionale in Brand Management di IED Milano, alla 12ma edizione, che ad oggi ha creato più di 250 professionisti che operano nel mondo del Branding e del Marketing Strategico dislocati nei 5 continenti. Direttore di IED Comunicazione Milano, collabora con Polimi-Politecnico di Milano ed altri.

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