Data
10 maggio 2016
Tra le diverse espressioni di design che si sono potute osservare durante la settimana del Salone del Mobile, alcune hanno toccato importanti temi sociali con progetti che si e ci interrogano su questioni alte e altre, tra geopolitica e ambiente.
Due in particolare, entrambe all’interno di BASE, nuovo spazio cittadino dedicato alla cultura – in realtà, in esposizioni parte della concomitante XXI Triennale che resterà aperta fino al 12 settembre – hanno attirato la mia attenzione.
La prima, dell’israeliano Ezri Tarazi, sublima l’odiosa situazione di guerra continua del Medio Oriente, non ultima la questione siriana, in 9 tavoli di forme e materiali diversi. Da Halab is Gone, Aleppo è finita, dove il modellino della città distrutta è coperto da un trasparente piano in vetro per non dimenticare, al molto eloquente Divided city table, il tavolo della città divisa, un diretto riferimento a Gerusalemme, città crogiuolo di religioni, culture e conflitti. Materiali come il cuoio, la pietra, il metallo e processi produttivi industriali o artigianali, tutti partecipano della messa in scena tridimensionale dei conflitti mediorientali.
La seconda mostra che mi ha colpito è intitolata Fukushima MON AMOUR, il progetto degli studenti dell’École Supérieure d’Art et de Design di Saint-Étienne (ESADSE), all’interno della rappresentanza francese alla XXI Triennale. Si tratta di una riflessione sulla catastrofe nucleare di Fukushima e sulle sue drammatiche conseguenze, tra risposte funzionali, con la realizzazione di oggetti e lo sviluppo di sistemi informatici per l’emergenza, e letture più concettuali intorno alla memoria e al simbolo.
Questi sono solo due esempi di come il design possa essere anche un valido strumento di indagine del sociale.
Vandavasu Sushma Rao, IED Student