Data

04 luglio 2016

Nuovo marchio Astep al Salone del Mobile: innovazione, significato e slancio verso il futuro con la lampada Candela che genera elettricità.

Al Salone del Mobile di quest’anno hai presentato il nuovo marchio di illuminazione Astep. Quali sono i vostri obiettivi?

Essere riconosciuti come azienda coraggiosa, che riesca a proporre oggetti significativi (con significato) e sia sempre slanciata verso il futuro avendo ben chiaro da dove veniamo.

La luce l’hai letteralmente nel sangue. A partire da tuo nonno, Gino Sarfatti, la tua famiglia si occupa di illuminazione. Ci racconti la tua storia?

Inizia nel 1939 quando mio nonno Gino Sarfatti fonda Arteluce, azienda riconosciuta pionieristica nel mondo dell’illuminazione italiana, che viene poi venduta a Flos nel 1973. Cinque anni dopo mio padre Riccardo, insieme a mia madre Sandra e a Paolo Rizzatto, fondano Luceplan. Decidiamo di venderla a Philips nel 2010. Poi nel 2013 mi trasferisco a Copenhagen e nel 2014 fondo Astep. Per la terza volta un Sarfatti riparte da zero nel mondo della luce.

Al Salone hai presentato Candela, una lampada innovativa che ha fatto molto parlare di sé (l’abbiamo fatto anche noi, nello speciale dedicato alla design week milanese). Ce ne parli?
Candela è una pazza idea scaturita dalla fervida mente di Francisco Gomez Paz. Un progetto sperimentale e di ricerca che siamo riusciti a far diventare un prodotto industriale di serie. Dopo due anni di lavoro e tante piccole invenzioni siamo riusciti a trasformare il differenziale di temperatura generato da una fiamma prodotta dal bioetanolo in elettricità. Non tanta, 3 watt circa, ma sufficiente a dare corrente a 24 led che restituiscono una luce calda e a una batteria che, tramite presa USB, ricarica un device portatile.

Astep è danese, tu sei italiano, Francisco Gomez Paz è argentino, che significato ha per te l’internazionalità e quali benefici porta?
L’internazionalità è per me da sempre e naturalmente l’unica dimensione possibile. Ogni tipo di confine, fisico e non, non porta contaminazione, apertura, conoscenza. L’internazionalità per me è stata una non-scelta. Nel senso che è venuta naturale. Per aver sposato una donna danese. Per essere propenso e curioso verso altri mondi, altri pensieri.

In catalogo hai inserito anche progetti di Gino Sarfatti e Vittorio Viganò, ancora incredibilmente attuali. Quanto conta la memoria nel mondo del progetto?
Tantissimo. Conoscere ed essere ispirati da quello che è stato fatto prima di noi è proprio il concetto di Astep. Fare un passettino in avanti rispetto all’esistente, al già fatto. Ma per fare il passettino in avanti devi avere ben chiaro quello che è già stato pensato e realizzato.

Un suggerimento a chi si affaccia oggi al mondo del progetto.
Quelli ovvi sono anche spesso quelli giusti. Passione, curiosità, dedizione, lavoro.
Io ne aggiungo un altro, molto difficile. Siate brutalmente onesti con voi stessi. Non raccontatevela!


BIOGRAFIA – Diletta Toniolo

Diletta Toniolo ha da sempre coltivato la passione per il design che oggi insegna in corsi di storia e in laboratori di ricerca sulle tendenze contemporanee e promuove tramite l’attività giornalistica – collaborazioni tra gli altri con bOx International Trade, Domus, Bravacasa, Arketipo, Ottagono, il Mattino, Sky Alice, 24 Ore Television, Radio 24 – e la curatela di mostre ed eventi.

Dal 2001 collabora con IED come docente: ha tenuto corsi di Fenomenologia delle Arti Contemporanee, Storia del Design, Salone Experience, Interior e Product Design, oltre a diversi workshop. Da qualche anno è IED Ambassador, portando l’esperienza e la professionalità IED in giro per il mondo.

Tra le sue varie pubblicazioni: il libro Capolavori del design italiano, La storia del design italiano attraverso l’opera dei suoi progettisti, Edizioni White Star a cura di design.doc, oltre a collaborare come editor per la free press Tortona Around Design Journal durante la settimana del design milanese.

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